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Autore: Fouzia Draoua 21 mar, 2024
learning from neuroscience...
Autore: Fouzia Draoua 12 mar, 2024
imparare dalle neuroscienze...
Autore: Fouzia Draoua 02 feb, 2024
L'idea che l'intelligenza emotiva sia esclusivamente ereditaria o genetica rappresenta una posizione minoritaria nella comunità scientifica. La maggior parte delle ricerche e delle teorie contemporanee sottolinea l'importanza dell'interazione complessa tra fattori genetici, ambientali ed esperienziali nello sviluppo dell'intelligenza emotiva. Tuttavia, in alcune prospettive più limitate, si potrebbero individuare alcuni sostenitori di questa teoria. Alcuni argomenti a favore dell'ereditarietà esclusiva dell'intelligenza emotiva spiegano che le predisposizioni genetiche influenzano in modo significativo la capacità di un individuo di comprendere e gestire le proprie emozioni. In questa prospettiva, alcune capacità come la capacità di riconoscere e interpretare le espressioni facciali e le emozioni negli altri, sono ereditate come parte del processo evolutivo per facilitare la comunicazione e la sopravvivenza sociale. Molti autori fanno notare, al contrario, il ruolo delle esperienze precoci nell'infanzia e l'importanza dei legami di attaccamento nel plasmare le capacità emotive di base. Le ricerche in tale senso (John Bowlby, Mary Ainsworth, Daniel Stern...) suggeriscono che l'esposizione a un ambiente emotivamente ricco e stimolante durante l'infanzia può, in effetti, influenzare lo sviluppo (o meno) di competenze emotive fondamentali. In tale direzione vanno anche le ricerche neuroscientifiche, che mettono in risalto la plasticità cerebrale, ovvero come l'esposizione a varie situazioni sociali ed emotive e la pratica di strategie di gestione emotiva possono modificare la struttura e la funzione del cervello, potenziando così le abilità legate all'intelligenza emotiva.  Nel dibattito sull'intelligenza emotiva, la maggior parte delle ricerche supporta l'idea che sia influenzata da una combinazione di fattori genetici, ambientali e esperienziali. La teoria che sostiene che è innata rappresenta una minoranza. Fouzia Draoua Psicologa Coach
Autore: Fouzia Draoua 23 gen, 2024
Conflict management
Autore: Fouzia Draoua 19 gen, 2024
La NASA ha partecipato a vari studi legati al suono e ai suoi potenziali effetti, in particolare nel contesto dell'esplorazione sull'impatto del suono sul benessere e sulle prestazioni degli astronauti. Questi studi contribuiscono alla comprensione degli effetti più ampi degli stimoli uditivi in ambienti confinati ed isolati. L'agenzia in questo contesto ha scoperto gli effetti benefici delle frequenze 10HZ. L'esposizione a una frequenza di 10 Hz è associata all'attività delle onde cerebrali alpha , legata al rilassamento e a uno stato meditativo. Le ricerche neuroscientifiche hanno quindi allargato questi studi, scoprendo il potenziale delle frequenze binaurali nel ridurre lo stress, l'ansia e migliorare la concentrazione: se al nostro cervello vengono date due frequenze diverse da un orecchio rispetto all’altro , il cervello crea al centro una frequenza di differenza, creando una terza frequenza percepita dal cervello. Ad esempio, se senti un suono di 200 Hz in un orecchio e uno di 210 Hz nell'altro, il cervello può percepire u n battito "fantasma" a 10 Hz , corrispondente alla differenza tra le due frequenze. Le persone interessate alla riduzione dello stress o al potenziamento della concentrazione potrebbero ascoltare registrazioni che incorporano frequenze binaurali. Esistono diverse app e tracce audio progettate per sfruttare questi principi per il rilassamento e benefici cognitivi. Fouzia Draoua Psicologa Coach Trainer
Autore: Fouzia Draoua 08 gen, 2024
Il fenomeno del disinteresse può verificarsi quando la motivazione e il coinvolgimento emotivo diminuisce nel tempo. Il disinteresse precede la demotivazione che ne è la conseguenza! Comprendere le basi neurobiologiche della motivazione può aiutare a sviluppare strategie per mantenere alto l'interesse, utilizzando quello che le neuroscienze rivelano sui meccanismi della motivazione. Dal punto di vista neuroscientifico, la motivazione è spesso legata al sistema di ricompensa del cervello , che coinvolge principalmente il rilascio di dopamina, che ha un ruolo sul piacere e la motivazione. La motivazione (l'energia) aumenta quando la possibilità di raggiungere l'esperienza della ricompensa piacevole che regala la dopamina. Questo spiega perché la motivazione aumenta vedendo i progressi; capaci di fare uno sforzo maggiore negli ultimi metri della corsa...perché vicini alla ricompensa e al "piacere". La diminuzione può essere attribuita, seguendo questo ragionamento, alla mancanza di una connessione significativa con gli obiettivi prefissati. Per mantenere viva la motivazione, cruciale è il saper riconoscere che, di default, primo c'è un rischio di demotivazione e, secondo, saper riconoscere i segnali precoci di disinteresse. alcuni suggerimenti: Definisci obiettivi che abbiano un significato personale per te e soprattutto avere chiari i momenti più difficili , di maggiore challenge , che si prospettano sulla strada per realizzarli...il disinteresse nascerà durante il percorso, non all'inizio e non vicini alla fine! Visualizzare i progressi, anche piccoli, può aiutare a potenziare l'ottimismo e a stimolare il sistema di ricompensa del cervello, aumentando così la motivazione complessiva. Integrando queste strategie aiuta a migliorare la capacità d'impegnarci su attività complesse che richiedono costanza, sforzo e focus. Fouzia Draoua Psicologa Coach
Autore: Fouzia Draoua 20 dic, 2023
Tutti conosciamo quei momenti con il telecomando in mano, persi tra le decine di opzioni. Le neuroscienze confermano che un eccesso di scelte può portare a difficoltà decisionali. Questo fenomeno può essere attribuito alla limitata capacità del cervello di gestire un numero eccessivo di scelte in un breve lasso di tempo . Situazione spesso associata alla stanchezza decisionale, poiché il cervello può faticare nel processare un gran numero di opzioni in un tempo limitato. La corteccia prefrontale, coinvolta nella presa di decisioni, può essere sovraccaricata, portando ad una riduzione delle risorse cognitive disponibili; e quando le risorse cognitive si esauriscono questo crea una diminuzione nella qualità delle decisione...la conseguenza? una maggiore fatica mentale e una minore soddisfazione con le scelte effettuate. Nel famoso Massachusetts Institute of Technology MIT, i ricercatori continuano ad esplorare come la fatica mentale influenzi negativamente le performance cognitive, per darci utili suggerimenti per avere delle buone abitudini: limitare le scelte semplificare l'ambiente decisionale stabilire priorità chiare sono strategie che possono contribuire a mitigare questo ostacolo decisionale secondo la ricerca neuroscientifica. L'applicazione nella psicologia del sales, si parla di neuromarketing (soprattutto nell'ambiente digitale e-commerce, ma non solo) la regola del limitare le scelte è conosciuta da tempo: raramente le opzioni superano il magic number 3 (scelta base, quella "consigliata" e la premium). Peraltro, con quel altro sistema che aiuta il cervello a decidere, "imboccandolo" direttamente con la soluzione indicata come "la più popolare"... sarà che non siamo "programmati" per l'abbondanza (delle opzioni)? Fouzia Draoua Psicologa Coach
Autore: Fouzia Draoua 19 dic, 2023
Due principali motivi per la bocciatura: Il processo formale delle valutazioni può generare ansia e stress, influendo negativamente sulle prestazioni future...quindi mancando proprio l'obiettivo di dare il feedback per poter migliorare! queste sono le chiare conclusioni dalle recenti ricerche neuroscientifiche riportate dall'Istituto americano di neuroleadership di David Rock. Sostanzialmente, dal punto di vista neuroscientifico i meccanismi difensivi sono attivati appena si percepisce un pericolo...e oggi questo è rappresentato, nel contesto organizzativo, dal rischio di perdere il lavoro. L'aspettativa quindi di ricevere un feedback negativo può generare ansia. Possiamo ritenere facilmente che si escludono i casi dove c'è invece una precisa aspettativa di un riconoscimento positivo...però, tutti i lavoratori, per vari fattori, non possono essere in questo " mood " di default.. Sono delle conclusioni che potrebbero lasciare indifferenti, se non aggiungessimo l'immediata conseguenza: la pressione legata alla risposta istintiva di auto protezione , a seconda dell'intensità, ostacola la creatività e la capacità di problem-solving . Sappiamo con la certezza scientifica oggi che le preoccupazioni inibiscono le attività cognitive "superiori", della riflessione logica e creativa. Il processo stesso può essere compromesso da vari fattori.- Le valutazioni possono essere influenzate da pregiudizi inconsci (bias cognitivi) da parte del valutatore, compromettendo l'obiettività e l'equità.- Molti sistemi di valutazione si concentrano sull'analisi del passato anziché sull'orientamento al futuro e sullo sviluppo delle competenze. Le nostre conoscenze attuali delle connessioni cervello-comportamento umano rivedono le tradizionali valutazioni delle prestazioni come meno efficaci. L'approccio al " collaborative feedback ", continuo e orientato allo sviluppo è l'orientamento attuale; nuove tecniche sono proposte per facilitare una comunicazione regolare, riducendo i bias e consentendo un adattamento più rapido alle esigenze di sviluppo dell'individuo. Fouzia Draoua Psicologa Coach
Autore: Fouzia Draoua 07 dic, 2023
"Emotional Hijack" è esattamente il nome dato dallo psicologo Daniele Goleman a quei istanti dove, improvvisamente, ci sentiamo in preda alle emozioni che prendendo il sopravvento, ci fanno perdere il controllo di noi stessi. E' uno stato neurobiologico oggi chiarito e spiegato dalle neuroscienze, che ne illustrano oltre il meccanismo, le conseguenze, ma soprattutto ci aiutano a capire come poter mantenere il controllo sotto una forte pressione. Sinteticamente, sotto uno situazione di forte stress emotivo, il commando passa, di default , al cervello istintivo che "neutralizza" il cervello razionale, bloccando temporaneamente la riflessione logica. In quel frangente, il cervello attiva la risposta di "fight or flight" (combatti o fuggi), che è una reazione istintiva per affrontare o sfuggire ad un pericolo. Questa risposta è stata fondamentale per la sopravvivenza umana nei tempi antichi quando i pericoli erano spesso immediati e fisici. C'era da agire, non da riflettere. In termini fisiologici, il sistema nervoso simpatico si attiva, aumentando la frequenza cardiaca, dilatando le vie respiratorie e mobilizzando l'energia per consentire una risposta rapida. Allo stesso tempo, il cervello riorienta l'attenzione in modo da essere iper-vigile verso la possibile minaccia. Sebbene oggi non ci siano più predatori, il nostro cervello conserva comunque il suo meccanismo di risposta immediata al pericolo, come una reazione innata. I pericoli hanno solo cambiato forma per il nostro cervello. Tuttavia, c'è da dire che in assenza di predatori, non siamo tutti uguali di fronte ai pericoli e allo stress. Ci sono persone più soggette al "sequestro amigdalico" di altri. La variabilità delle risposte individuali sta nella sfera soggettiva che porta, da un lato, a considerare che la percezione delle situazioni come più o meno "stressanti" è legata alla storia personale ma anche, dall'altro, a tenere conto degli apprendimenti dove le reazioni sono anche il risultato delle capacità di autocontrollo apprese (o meno).  Non siamo condannati, in effetti, ad essere sequestrati dall'amigdala; i percorsi di apprendimento di regolazione emotiva offrono uno spazio per l'autoconsapevolezza e l'apprendimento di strategie di gestione dello stress acuto. Si, è possibile apprendere a controllare la risposta al pericolo e gestire le emozioni. La psicologia dello sport dedicata agli atleti di alto livello e la formazione specifica di chi, come lavoro, interviene in situazioni altamente stressanti (le forze speciali d'intervento), danno un ampia illustrazione di quanto sia possibile imparare l'auto controllo. Fouzia Draoua Psicologa Coach
Autore: Fouzia Draoua 26 nov, 2023
Le neuroscienze e la psicologia cognitiva aiutano a prendere rapide scorciatoie come fonti pratiche per il benessere, perché ci aiutano ad usare alcune reazioni/reazioni semplici e a nostra portata, per influenzare la mente, provocando reazioni quasi immediate. Un esempio è proprio quello di scegliere volontariamente di guardare l'orizzonte per ridurre la sensazione di stress , perché questo attiva la modalità di riposo del nostro sistema nervoso. Perché? Quando guardi l'orizzonte, spesso i tuoi occhi si muovono lentamente rispetto a quando stai concentrato su dettagli ravvicinati. L'orizzonte offre una vasta e meno intensa stimolazione visiva. Questa riduzione della stimolazione può contribuire a una sensazione di calma, poiché il cervello non è sovraccaricato da dettagli visivi. Inoltre, la stimolazione visiva rilassante attiva il sistema nervoso parasimpatico, che è responsabile del rilassamento e del riposo: la frequenza cardiaca e la tensione muscolare diminuisce.  Per applicare questo consiglio in città, cerca spazi aperti come parchi o piazze panoramiche che offrono una visuale più ampia. Anche semplicemente alzare lo sguardo al di sopra degli edifici per concentrarsi sul cielo può avere questo effetto rilassante. Fouzia Draoua Psicologa Coach
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